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Il desiderio di far musica

Oggi abbiamo intervistato Seba Gibilisco, che ci ha svelato un’elemento fondamentale per far musica.

Raccontaci di te e del tuo rapporto con la musica.

Sono un chitarrista di origini siciliane, mi sono trasferito a Milano quasi 20 anni fa ed insegno musica da circa trenta anni, ho suonato con vari gruppi, inciso qualche disco e… beh, non vorrei annoiarvi troppo per cui, per i più curiosi, vi rimando al mio sito www.sebagibilisco.com dove potrete leggere la mia biografia e ascoltare la mia musica.

Qual è il genere musicale più facile da imparare?

Non credo che esista un genere più facile o difficile di un altro, ogni stile tende a sviluppare maggiormente determinati aspetti della musica rispetto ad altri ma alla fine si tende ad ottenere più o meno gli stessi risultati e le stesse conoscenze. I generi musicali sono in fondo come sentieri diversi ma che alla fine portano tutti nello stesso luogo.

Per fare degli esempi pratici, ma sto generalizzando molto, nel rock si dà molta più importanza al “come” si suona rispetto a “cosa”. Diversamente avviene nel jazz, genere in cui la conoscenza teorica predomina sulle capacità tecniche sullo strumento. Nella musica classica, quel che conta è la corretta esecuzione della partitura e l’armonizzarsi con le intenzioni del compositore, di contro a quanto avviene in altri generi musicali dove invece la partitura è spesso solo un canovaccio, un punto di partenza dal quale sviluppare le proprie improvvisazioni.

Parlando in particolare di chitarra, che è lo strumento che insegno, cambia molto l’approccio a seconda del tipo di strumento studiato. Ad esempio la chitarra elettrica, che è uno strumento estremamente sensibile, richiede un tocco leggero ed una particolare attenzione a non far risuonare note indesiderate mentre al contrario la chitarra acustica richiede un tocco più deciso e la capacità di far risuonare tutte le note con intensità uniforme.

Insomma, ogni tassello che andrà a comporre il nostro mosaico musicale avrà le sue difficoltà ed i suoi particolari punti di forza. Molti consigliano di iniziare con lo studio del jazz o con la classica perché ritenuti più completi e con queste basi proseguire poi con altri generi più vicini ai nostri gusti. Qualcuno addirittura consiglia di iniziare gli studi con la chitarra acustica e solo in seguito passare all’elettrica. Personalmente io consiglio di iniziare subito con il genere che si preferisce e soprattutto con lo strumento più adatto a quel genere.

Detto questo, è chiaro però che se vogliamo fare della musica la nostra futura professione dovremmo avere una conoscenza almeno basilare di tutti i principali stili musicali ma questo vale solo per i “professionisti”. Chi, invece (ed è la maggioranza), sceglie di imparare uno strumento per puro piacere personale è bene che inizi direttamente da ciò che più ama piuttosto che rischiare di annoiarsi in studi che non gli saranno di alcuna utilità.

Nella musica quanto pensi conti il talento e quanto lo studio?

Se per talento intendiamo quella particolare predisposizione innata verso qualcosa, beh, credo conti molto poco. Anzi in certi casi rischia di essere controproducente, vedi i tanti bambini prodigio che sono rimasti schiacciati da una improvvisa popolarità che con gli anni non sono riusciti a gestire.

Io penso che quel che fa la vera differenza tra un musicista di “talento” ed un musicista mediocre sia la natura profonda del suo desiderio. Ed è infatti il desiderio a spingerci verso ciò che si ama e che ci rende disposti a qualsiasi sacrificio pur di raggiungere il nostro oggetto dei desideri. Se il nostro desiderio è debole anche le nostre azioni saranno deboli. Ma, attenzione, ho parlato espressamente di desiderio in contrapposizione a quella che viene definita “forza di volontà” la quale a piccole dosi potrebbe anche costituire un valore ma che, più spesso che no, è solo fonte di frustrazione.

Mi spiego meglio: se il desiderio è debole allora prima o poi cominceremo a pensare in termini di “dovrei far questo, dovrei far quello”, scatterà il senso di colpa per non essere “abbastanza qualcosa”, ci appelleremo al nostro senso del dovere con la conseguenza che tutto diventerà rigido e frustrante; prima o poi sarà inevitabile mollare il colpo ed andare incontro al fallimento.

Ma se il nostro è un “desiderio feroce”, come lo definisce felicemente il pianista Keith Jarret, ed è un termine che mi piace molto perchè rende bene l’idea, allora tutto diventerà più fluido, scorrevole, qualsiasi fatica sarà più leggera ed anzi sarà una fonte di soddisfazione che darà ancora più gusto al piacere di aver raggiunto la nostra meta.

Tutto questo vale per la musica ma non solo. Dovremmo imparare a vivere seguendo il nostro desiderio e non essere schiavi del senso del dovere. Pertanto, se volete intraprendere lo studio di uno strumento, sedetevi in un luogo tranquillo e prendetevi un momento per definire meglio qual’è il vostro “desiderio feroce” e, con questa visione chiara davanti, collocate la musica esattamente nel posto più adatto alle vostre necessità. Voglio imparare a suonare la chitarra per diventare un bravo musicista? Per conquistare la donna o l’uomo della mia vita? Per divertirmi la sera con i miei amici o la mia famiglia? Chiarite bene ogni aspetto e soprattutto andate sempre in direzione del vostro desiderio. Allora avrete già percorso il 50 per cento del vostro cammino esattamente nella direzione di ciò che amate.

 

 

Ringraziamo Seba Gibilisco per l’intervista rilasciata.


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