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La fotografia, una passione prima che una professione

Oggi Danilo di Danny’s Shutter ci racconta la storia della sua passione per la fotografia e il cambiamento dall’analogico al digitale.

fotografia

Quali sono i generi fotografici più richiesti?

Lavoro ormai da una decina di anni con le maggiori testate del settore cosiddetto della stampa rosa. Da “Chi” a “Diva e Donna”, passando per “Di Più”, “Panorama” e praticamente qualunque periodico in commercio. Dunque la mia risposta è ovviamente attinente a quello che le diverse testate mi richiedono. Potrei fare delle differenze tra gruppi editoriali avversi ma sono finezze che al lettore non interesserebbero. Diciamo che tutti i miei posati sono sui personaggi, non mi occupo di gossip dunque completamente abolite le paparazzate ma ritratti fotografici che possono essere familiari (l’artista con la propria dolce metà), lavorativi (il lancio di un film, di uno spettacolo teatrale, di un disco o la realizzazione della copertina di un libro, di un cd) o di ambiente (l’artista che apre in esclusiva le porte della propria dimora, una location particolare). Ovviamente tutta questa continua visibilità porta presso i nostri studi anche persone che desiderano un book professionale per iniziare una carriera nel mondo del cinema e dello spettacolo in generale. Ma siamo talmente oberati che i nostri prezzi, lo ammetto, non sono così “abbordabili” però i risultati si distaccano notevolmente da quello che vedo in giro (e lo dico senza polemica alcuna, sia chiaro). Poi certo c’è anche la pubblicità e li posso dar sfogo alla mia creatività dato che i lavori che accetto sono quelli dove mi offrono la direzione artistica e l’Art e Copy.

Come è nata la tua passione sviluppata poi in carriera?

La vita spesso riserva inaspettate evoluzioni. Durante le Scuole Medie ebbi il grande privilegio di avere un insegnante di educazione tecnica dalle ampie vedute (il mio unico dispiacere nel ricordare tale circostanza dopo 30 anni è quello di non rammentarne al momento il nome) che ci propose un corso alternativo di fotografia, in parallelo con le normali lezioni. Inizialmente venne preso quale unico spunto per visitare, durante le ore scolastiche, le splendide piazze e il centro storico della nostra amata Roma ma ben presto apprezzammo il fascino di quelle scatole magiche chiamate da sempre macchine fotografiche  che con un semplice click immortalavano l’istante. Al rientro in classe iniziava il prodigio, la scoperta della camera oscura, la pellicola ed i pericoli annessi di farle prendere luce. Ricordo il gioco di alchimie e l’odore dell’acido e quelle vaschette intrise di odori da cui magicamente iniziavano a prendere forma frammenti di vita. Il professore e lo ricorderò in eterno, ci  disse ”Apprendere qualcosa di nuovo o inusuale non guasta mai, comunque può sempre tornare utile”. E questa frase è il mio motto di vita. Per anni però rimase la classica passione cui dar sfogo nei viaggi di piacere con scatti amatoriali per lo più ai paesaggi, i reperti storici, ai borghi medievali. Ad un certo punto (e parliamo ormai almeno di una decina di anni fa), dopo l’ennesima discussione con alcuni fotografi che collaboravano con noi, decisi di compiere “il salto nel vuoto”. Manca un tassello fondamentale da spiegare però, io con il mio socio-fratello Walter Garibaldi ho un’ agenzia di spettacolo, quindi per lavoro eravamo ogni giorno a contatto con i fotografi professionisti e le redazioni dei quotidiani e dei settimanali. Da quel momento, con non poche difficoltà, vuoi anche per “l’odiato” passaggio dalla pellicola al digitale iniziò l’avventura. Per dovere di cronaca, sono stato facilitato da tutte quelle persone che prima di essere nostri clienti, erano amici e che quindi fidandosi del sottoscritto, facevano “consapevolmente da cavie”.  E’ chiaro che avere nomi illustri dello spettacolo italiano ed internazionale sin dall’inizio, ti agevola, in particolar modo nei rapporti interpersonali e per la crescita della propria stima. Oggi tecnicamente posso definirmi un professionista anche se io continuo a pensare di essere un semplice appassionato, anche perché se non si crea quell’empatia con l’artista che magari non conosci, ogni scusa è buona per declinare. Nomi di “Vip” non ne faccio, altrimenti mi attiro gli “strali” di chi non cito, ma ad un anno della sua scomparsa voglio ricordare la grande Moira Orfei che ho avuto l’onore di fotografare in molteplici occasioni dal 2006 in avanti. L’ultimo servizio in famiglia è stato il mio ma non ho gioito della sua incredibile diffusione (uscì contemporaneamente su oltre trenta testate), di sicuro avrei preferito non accadesse quella che purtroppo ad oggi è storia.

Ci racconti del passaggio dall’analogico al digitale? Quali sono i vantaggi?

Dovrei francamente rispondere ad una domanda con una domanda: esistono dei vantaggi nel digitale? Si se vuoi “l’artefatto”. L’analogico è l’inconsapevolezza, potevi studiare, fare calcoli, analizzare le location, il soggetto, lavorare sul trucco ed il parrucco ma esisteva sempre l’incognita nel passaggio dallo sviluppo alla camera oscura (che molto spesso prima corrispondeva al bagno  o ad uno stanzino angusto dedicato allo sviluppo). Ora, con un semplice software, sempre più complesso e diretto a clienti sempre più esigenti, si risolve ogni cosa con un clic (procedimento complesso per carità, ma freddo e distaccato). Nell’ambito professionale, oggi risulta inverosimile il ritorno alla pellicola, vuoi per la praticità e vuoi per i tempi sempre più ristretti che ti concedono per realizzare un commissionato. In tal senso e secondo le esigenze abituali, un terzo motivo di svolta sta avvenendo in questi anni, con il passaggio dalla pellicola al digitale ed ora con il passaggio alle nuove macchine professionali Mirrorless Full Frame, ovvero l’equivalente del 35mm con la possibilità, in tempo reale, di vedere quello che si sta componendo. L’aspetto sostanziale è l’inversione esatta della metodologia di lavoro, ovvero il tempo che solitamente potevi impiegare nell’analogico per la pre-produzione ora viene annullato ma utilizzato nella post-produzione per i vari ritocchi, dal corpo del soggetto (il più gettonato), allo scatto nella sua interezza. In termini di efficienza e qualità, la tecnologia ha fatto da padrone. I corpi macchina di ultima generazione sono in grado di produrre scatti che generano file di 50-100 mega, le ottiche hanno una elevata ed insperabile resa (impensabile solo cinque anni fa), per non parlare di tutta la nuova tecnologia Led, applicata ai punti luce. Vogliamo mettere il peso del mezzo chilo attuale per il trasporto del materiale, contro i 10-15 kg delle batterie necessarie che un tempo servivano per i flash trasportati da una location ad un’altra? Sotto questo aspetto il digitale batte 10 a zero l’analogico, c’è poco da aggiungere. Però poi ti guardi attorno, consolandoti anche, perché scopri che continuano a stampare in bianco e nero e in forma ridotta (magari, più per Mostre d’Arte o Pubblicità d’Élite per i costi proibitivi) e che i software virano verso complessi processi di elaborazione in stile vintage e noir…Allora ti trovi a riflettere sulla poesia dell’immagine e sulla fugacità del tempo, ed un sorriso s’impadronisce di te perché chissà come si fotograferà “domani”?

Pubblicato da ProntoPro


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