Martino Motti ci svela alcuni aspetti della sua passione per le riprese a superyacht che gli permette di conciliare l’amore per la fotografia e per il mare.
All’età di circa 10 anni i miei nonni mi regalarono le loro macchine fotografiche: una Rolleiflex biottica a pozzetto ed una Kodak Retina. Con quelle iniziai le prime esperienze con pellicole negative e positive. Nel 1984 mi avvicinai alla foto subacquea quando mia madre mi regalò una Nikonos V arancione; così iniziai a partecipare e a vincere concorsi di fotografia fino al viaggio di nozze nel 1991 con la mia attuale moglie Isabella: 34 immersioni in 15 giorni alle Maldive, lei come modella subacquea! Ritornammo con del gran materiale fotografico e corredammo le diapositive con un testo stile reportage: uscì sulla rivista Sub. Da allora ho pubblicato più di 500 articoli su 21 riviste anche straniere, ho fatto mostre e venduto immagini ovunque nel mondo.
La passione esagerata per il mare mi ha portato ad iniziare con la subacquea: la foto ambiente è spettacolare, ma il fascino della macro agli animali e la loro catalogazione è super. Anche il reportage geografico resta ancora oggi la spinta alla mia voglia viaggiare. La natura, che siano oceani, foreste, deserti o ghiacciai mi rende felice ed è un impulso irrefrenabile tentare di condividerne la bellezza tramite la fotografia. Non amo la fotografia di matrimonio, il ritratto o la foto di moda, anche se trovo abbastanza divertente il life style fatto con modelli e modelle a bordo degli yacht. Dal 2000 ad oggi ciò che mi appassiona maggiormente è la ripresa a yacht e superyacht, attività che mi permette di vivere il mare tutto l’anno. È la stessa passione che mi ha portato a conseguire la patente nautica e a diventare anche Boat Tester per la rivista Nautica sin dal 2002. Sono un tipo irrequieto e poco sedentario, anche se ho passato molti anni in studio a lavorare nello still life, esperienza utile che oggi comunque non rifarei.
Se posso dire la verità, dopo anni di lavoro fotografico l’arrivo del digitale è stato un toccasana. Ritengo che il digitale abbia semplificato enormemente il nostro mestiere sul campo. Mi spiego meglio: a parità di sforzo in ripresa, il risultato è sicuramente migliore. La gestione delle luci infatti, la latitudine di posa maggiore, la possibilità di rivedere subito il risultato nonché il costo pressoché nullo degli scatti hanno facilitato parecchio il nostro lavoro. Ciò detto, per contro, molti fotografi dilettanti, avvantaggiati dalle nuove tecnologie, hanno invaso il campo lavorando spesso in maniera scorretta anche in nero. Se da un lato il digitale ha facilitato la ripresa, dall’altro ha imposto ai fotografi l’acquisizione di una preparazione tesa all’uso del computer e dei programmi di fotoritocco. Chi non si è adeguato è rimasto assolutamente tagliato fuori. Senza poi parlare dell’allargamento necessario alle diverse competenze collaterali: video ripresa e virtual tour immersivi a 360°. Il digitale è divertente, ma la tecnologia corre talmente che le apparecchiature invecchiano troppo presto. Lo svantaggio è il conseguente investimento continuo in nuovi apparati, cosa che la clientela a volte stenta a capire: cosa si nasconde quindi dietro un “semplice scatto”?.
Ringraziamo Martino per l’intervista concessa a ProntoPro.
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