Per realizzare un ottimo reportage bisogna farsi guidare dall’istinto, innato per un fotografo. Questo è quello che ci spiega Filippo Orsi di PhotOrsi.
Da sempre mi circondo di fotografia.
E’ dall’epoca del liceo che si è manifestata la voglia e la necessità di imprimere momenti. Innanzitutto per poterli rivivere, riassaporando quelle sensazioni. In seguito, la voglia di raccontare la realtà dal mio punto di vista è stata lo stimolo maggiore che mi ha spinto a fare di una necessità, una vera e propria professione.
Sul mio sito cito questa frase di Neil Leifer “La fotografia non mostra la realtà, ma l’idea che se ne ha”. Direi che descrive appieno il mio intento ed è uno degli aspetti che più amo della fotografia: soggettivare qualcosa di oggettivo e rendere eterno ogni singolo istante.
In ultimo, ho avuto l’influenza di mio fratello maggiore che, interessandosi anch’egli di fotografia, inevitabilmente mi ha trasmesso lo stimolo ad approfondire questo mondo.
Per me la fotografia è la giusta sintesi tra ragione e istinto. Il reportage trovo che sia un ottimo esempio in cui inquadrare questa mio modo di intenderla.
L’istinto nel reportage, come ad esempio nella street photography, va assecondato perché ci può portare ad ottenere quello che abbiamo in testa, quello che magari in precedenza avevamo immaginato usando la ragione, appunto.
Capita di voler pianificare un progetto, fare dei programmi, pensare e sviluppare dei concetti. Dopo di che, si va sul “campo” e si cerca di trasformare quell’idea in una nostra realtà. Per farlo, spesso, ci troviamo di fronte a situazioni improvvise, non preventivabili, e grazie al nostro istinto sappiamo valutarle e coglierle.
Il reportage è tutto questo e anche di più. Non bisogna porsi dei limiti, a mio parere, anche quando non abbiamo in mente un progetto preciso, lasciando che il nostro istinto ci guidi, potremmo riuscire ad ottenere risultati eclatanti.
In realtà io mi occupo prevalentemente di fotografia aziendale, matrimoni e reportage.
Ho voluto affrontare anche diversi altri settori, soprattutto all’inizio, per mettermi alla prova ed accrescere l’esperienza. Io penso, appunto, che sia necessario circondarsi di fotografia e di tutto quello che essa può rappresentare.
Gli aspetti professionali che seguo oggi come oggi hanno, da un lato, un approccio più studiato, preciso e calcolato: questo per quanto riguarda un servizio aziendale, sia esso per degli still-life di prodotti, degli interni o quanto concerne tutta l’immagine legata alla comunicazione di un’attività.
Durante un evento come un matrimonio, invece, ho più libertà e interpreto ogni istante cercando di raccontare una storia che va ben oltre quel singolo giorno. I concetti base del reportage mi influenzano parecchio in questo ambito.
In generale, porto sempre la mia creatività all’interno di ogni lavoro che svolgo, mettendo a disposizione del momento le mie capacità e il mio modo di interpretare.
In buona sostanza, ritengo che lo strumento tecnico debba essere funzionale ad esprimere il proprio lavoro. Su questo argomento ho scritto anche degli articoli sul magazine del mio sito, perché effettivamente se ne potrebbe parlare a lungo.
Io utilizzo un sistema full frame Nikon con 36 mpx, perché ancora oggi sono legato alla qualità d’immagine. E files così pesanti, soprattuto per certi lavori, trovo che rispondano appieno alle mie esigenze.
D’altro canto, utilizzo costantemente anche un sistema mirrorless Fujifilm. La compattezza, la qualità generale di corpo macchina e obiettivi, oltre all’aspetto estetico ed ergonomico in totale sintonia con i miei gusti, sono caratteristiche ottimali per molti aspetti della mia fotografia.
Sicuramente la direzione del prossimo futuro sarà quella di sviluppare e continuare a puntare sulle mirrorless professionali, come già alcuni hanno iniziato a fare. Questo sistema potrebbe effettivamente coniugare tutte le maggiori esigenze in un unico corpo, con il grande vantaggio delle dimensioni ridotte.
Io stesso credo che arriverò al punto di abbandonare la mia vecchia reflex, per fare questo salto.
La fotografia rappresenta un percorso personale: è una costante voglia di migliorare, spingersi oltre, imparare e interpretare. Io cerco dalla fotografia quel qualcosa che possa descrivermi come altrimenti non riuscirei a fare.
Parlare per immagini può essere un viaggio introspettivo in grado di capire meglio la nostra natura e le nostre aspirazioni. Quando vedo realizzato un progetto, mi sento sicuramente soddisfatto, ma al contempo impaziente di passare al prossimo. Perché il totale appagamento non esiste per me, sarebbe come smettere di cercare.
Quello che cerco di catturare, quindi, sono i miei pensieri, concretizzare ciò che ho in mente, far sì che la mia visione, diventi fruibile e condivisibile con altri.
Sapere che le mie immagini siano il ricordo eterno di alcune persone, mi fa capire quanto questa arte sia per me indispensabile. Anche l’immagine più commerciale e meno introspettiva che realizzo, mi regala una sensazione di completezza, pensando a come un’azienda e le persone che ci lavorano, possano sfruttarla per il loro bene.
Ringraziamo il fotografo Filippo Orsi per la gentile intervista che ha rilasciato a ProntoPro.