Simona Matera

Life Coach · registrato 7 anno/i fa
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Fondazione / Data di inizio

2011
Chi sono

Sono una psicologa clinica e psicoterapeuta della Gestalt e dell’Analisi Transazionale, attualmente lavoro come psicoterapeuta in ambito privato. Il mio intervento è rivolto al singolo, inoltre conduco gruppi di psicoterapia rivolti agli adulti e agli adolescenti.
Ho creato dei laboratori di teatro terapia, in cui il lavoro si basa sulla ricerca creativa del proprio “personaggio” e attraverso la rappresentazione teatrale e l’identificazione in ruoli diversi, vengono esplorate le strutture del proprio copione esistenziale che limitano la personalità.
Conduco dei seminari esperienziali sulla relazione e sulla comunicazione.
Dal 2004 al 2011 in qualità di psicoterapeuta progettista mi sono occupata di minori abusati e famiglie maltrattanti, lavorando come consulente presso l’Osservatorio contro la camorra e la criminalità organizzata (commissione speciale n 3 Regione Campania), ho avuto la possibilità di creare e gestire direttamente sul campo progetti di sviluppo e cooperazione per la prevenzione della criminalità minorile, focalizzando e agendo sull’ecosistema relazionale gravemente disagiato in cui i minori sono inseriti.
Dal 2002 al 2004 ho maturato l’esperienza ospedaliera in ambito oncologico, presso il Policlinico Militare “Celio” di Roma. La comunicazione della malattia tumorale rappresenta uno degli eventi più stressanti che alcune persone si trovano a dover affrontare nel corso della loro vita, un cambiamento non solo fisico ma anche mentale: cambia il modo di percepire e sentire il proprio corpo, cambia la percezione che si ha del mondo, cambiano le relazioni sociali e interpersonali. Si tratta di una fase molto delicata e difficile sia per il paziente che per i suoi familiari: di fronte alla parola “cancro” la primissima reazione è avvertire un senso di confusione, sbandamento, un vero e proprio shock. Il cancro è una parola che evoca emozioni angoscianti, rimanda a uno scenario altamente catastrofico nell’immaginario collettivo, ad una “condanna a morte”. Il modo di gestire la “crisi emotiva” generata dalla diagnosi medica, l’atteggiamento di fronte all’evento spesso traumatico influenzerà il tipo di adattamento psicosociale alla malattia. L’atteggiamento e lo stile di coping utilizzato andranno ad influenzare non solo la qualità di vita successiva alla diagnosi, ma anche la compliance ai trattamenti medici e il decorso biologico della malattia.

Il mio intervento

La sofferenza umana è essenzialmente conseguenza di una mancanza d’essere.
Ossia una perdita di contatto con la propria interiorità, che pur non avendo esistenza concreta tuttavia c’è, ed esiste come essenza.
Quanto nel mondo esterno è stato passivamente incorporato va rivisitato e reintegrato in forme attualizzate, coerenti con le necessità effettive del paziente, uomo e donna dell’oggi.
Prendersi la responsabilità è appunto la capacità di respondere agli stimoli interni ed esterni in maniera coerente al qui e ora.
Traumi, situazioni incompiute possono essere rivissuti, pensieri, emozioni e comportamenti che appartengono ad un’altra epoca, se pienamente espressi in un nuovo contesto perdono la loro forza coattiva e rivisitati si aggiornano.
L’orientamento al presente implica anche il divenire consapevoli della caducità del tempo che passa e dell’esistenza alla quale tanto fortemente ci leghiamo, le vie della saggezza danno come presupposto, per la cessazione della sofferenza, la comprensione profonda che tutto ciò che viviamo non è permanente.
Al contrario quando si resta legati alle proprie esperienze sia piacevoli che dolorose ci si irrigidisce e si perde flessibilità, così come è disturbante l’attaccamento alla propria immagine, al modello adattivo che ci siamo costruiti per difesa per affrontare il mondo, ci si illude che sia davvero il nostro “io”. A volte è così profondo l’inganno che il perdere l’immagine fa precipitare in un vuoto angosciante;
Il mio approccio dunque è rivolto al riconoscere il paradosso di un sistema difensivo che di fatto limita e reprime. Il paziente viene spinto a scoprire che il suo modo di vivere è frutto di scelte operate in età lontane, scelte che oggi non sono più funzionali e adeguate perché sono cambiati i personaggi e le epoche. Privilegio il presente, la ricerca dell’essere è implicita nella concretezza dell’attaccamento a una realtà che non esiste più e dall’immaginazione di ciò che potrà essere, ci sono persone con caratteri più rivolti al ricordo e altre che sono maggiormente proiettate sul “chi” vogliono diventare, in entrambe le tipologie si perde il confine di contatto (esperienza del se) e l’esperienza piena del presente. Servizio di cura rivolto alla persona nelle varie fasi della sua esistenza.
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