La professione del fotografo è un’attività che richiede sacrifici ma soprattutto tanta competenza. Ce ne parla Valeria Gradizzi, nata a Verona nel 1979, che ha studiato fotografia seguendo workshop con diversi fotografi tra i quali Giovanni Umicini, Christopher Anderson e Ivo Saglietti. Nel 2014 ha realizzato “White Shadow - under the mango tree”, un racconto fotografico sulla difficile situazione degli albini in Africa centrale, esposto durante il Festival Internazionale di Fotografia Photolux di Lucca e a Magazzini Fotografici di Napoli.
Nel 2018 viene premiata con una menzione d’onore al 12th Julia Margaret Cameron Award e con la Silver winner al Tokyo International Awards con il progetto “Al Batin / The hidden”, reportage a lungo termine sulle donne all’interno del misticismo islamico perseguitate a causa della loro fede in un mondo a trazione patriarcale e maschilista che le vorrebbe assoggettate al dominio dell’uomo.
L’attenzione di Valeria è rivolta alla fotografia documentaristica caratterizzata da forti temi sociali.
Per poter scattare costantemente ogni attimo, la motivazione di un fotografo dev’essere forte e validante.
La ragione di Valeria per esempio, è il bisogno di registrare momenti particolari della sua vita così da poterli rivivere e condividere con gli altri.
Oggi Valeria si occupa principalmente di fotografia sociale e l'intento dei suoi reportage è anche quello di portare alla luce realtà ancora in ombra.