Fotografia analogica e digitale; l'approccio di un Artista-Artigiano

Fotografia analogica e digitale; l'approccio di un Artista-Artigiano

Giulio Limongelli è innamorato ed affascinato dal mondo della fotografia in tutti i suoi aspetti e lo si capisce da come ce ne parla. Vediamo insieme il suo parere e il suo approccio a questo mondo che si sta sempre più digitalizzando. 

Il tuo approccio alla professione di Fotografo è quello di un Artista-Artigiano; puoi spiegare ai nostri lettori cosa si intende con questo?

La Fotografia è conosciuta come una delle arti figurative, non è il prodotto dell'industria e pertanto non è una merce: è creatività, il risultato tra mente, esperienza e capacità tecnica che indissolubilmente lega il suo autore alla sua opera. Se ci si limita ad un genere di fotografia oggettiva non si fa altro che riprodurre le realtà senza alcun apporto personale. Io invece pratico un genere di fotografia soggettiva in cui la componente personale e creativa è di fondamentale importanza. Inoltre non mi limito alla sola fase di ripresa, ma completo il mio percorso con la stampa realizzata personalmente in camera oscura, un tipo di stampa  espressiva con cui chiudo il cerchio del processo fotografico come momento creativo non limitandomi ad effettuare un mero procedimento meccanico. Non mi piace qualificarmi come Artista, quando lo faccio è perché gli altri mi esortano a farlo, di me preferisco parlare come Artista ed Artigiano.

Quali sono i principali aspetti che si rischia di perdere con la fotografia digitale rispetto a quella analogica?

 Quella di fotografo è un'attività artigiana, il rischio quindi è quello di perdere un mestiere. Oggi le tecnologie digitali sono alla portata di tutti: sia le fotocamere che le attrezzatura di stampa possono essere acquistate a buon mercato da chiunque. La committenza di servizi fotografici, sia privati che di aziende, è molto più contenuta rispetto al passato ed anche i servizi di stampa sono molto meno richiesti dalla massa. Non c'è più quindi spazio per tutti: sopravviverà chi saprà proporre ciò che non sarà possibile ottenere in modo casalingo dagli utenti delle attrezzature di cui ho parlato prima.

Parliamo un po' di sviluppo e stampa di fotografia analogica; potresti descrivere questo processo? A cosa bisogna prestare particolare attenzione?

La camera oscura rappresenta il mio mondo. E’ il luogo in cui, in quella penombra fatta di luce rossa, vivo momenti intensi nei quali cerco di comprendere gli altri, per meglio rendere tangibile ciò che loro hanno voluto esprimere attraverso la loro fotografia. In Camera Oscura si respira un’aria magica: ancora oggi  vedere apparire l’immagine durante la fase di sviluppo mi crea una sensazione di stupore alla quale è difficile abituarsi. Il tempo al suo interno scorre in maniera più lenta; è necessario cambiare il proprio approccio con esso perché l’attività di stampa in Camera Oscura non è cosa che si può fare di fretta. E’ necessario essere riflessivi ed esaminare con attenzione l’immagine proiettata sul piano che appare invertita ed in negativo per poi programmare mentalmente tutte le fasi di stampa in cui si dovrà intervenire manualmente. Questi interventi non sono altro che esposizioni differenziate da applicare alle diverse aree dell’immagine, da realizzarsi con accessori, anche costruiti da soli all’occorrenza. Queste operazioni sono comunemente denominate “bruciature” e “mascherature”. Dopo un’attenta analisi dell’immagine proiettata dall’ingranditore si può cominciare ad esporre la carta da stampa sensibile alla luce. A questo punto la si passa nei bagni chimici, in questa fase vi è impressa l’immagine in maniera latente, cioè non ancora visibile. Il primo bagno si chiama “sviluppo” ed  è quello in cui l’immagine si rivela affiorando lentamente fino al suo completamento. Il secondo è un bagno di stop, con acido acetico o citrico che arresta l’azione del bagno precedente ed esegue un primo risciacquo della stampa. Il terzo ed ultimo è il fissaggio, che rende permanete l’immagine nel tempo al termine del quale si può accendere la luce per poter ammirare la fotografia ottenuta. Segue un approfondito ed accurato lavaggio di quest’ultima al termine del quale si può dire che la magia è conclusa.

Quali sono le principali differenze rispetto alla fotografia digitale?

Da un punto di vista tecnico consiglio di evitare di fare comparazioni tra analogico e digitale poiché lasciano sempre il tempo che trovano. Parliamo invece di approccio: nella fotografia analogica il momento dello scatto è un punto di arrivo, è un'azione che si esegue alla fine di un percorso di ricerca. In quella digitale invece, per la maggioranza dei fotografi, è un punto di partenza da cui cominciare ad elaborare un file immagine con tecniche che spesso hanno più a che fare con le competenze di un grafico che con quelle di un fotografo. Non faccio distinzione tra fotografia analogica e digitale: per me la Fotografia è una soltanto, sempre fedele a se stessa ed in continua evoluzione. Nel corso degli anni ho utilizzato praticamente tutti i formati di fotocamere disponibili, dalle 35mm ai banchi ottici a pellicole piane. Con l’arrivo delle tecnologie digitali, il mio approccio con il mezzo non è cambiato: la fotocamera è solo fuoco, tempi, diaframmi, iso. Per me la Fotografia è progetto, messaggio, idea, dunque poco importa il mezzo con cui la faccio. Il mio modo di esprimermi in Fotografia non è cambiato nel corso di trent’anni; certo, ha subito leggeri mutamenti ed è indubbiamente migliorato ma il mio percorso è stato lineare verso un’unica direzione in una continua ricerca che non si esaurisce mai: io sono quello che ero, e ciò che realizzo mi rappresenta e svela i miei limiti e le mie qualità. Ringraziamo molto Giulio per aver risposto alle nostre domande.

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